Architetture del sé

Video critico di Achille Bonito Oliva

Architetture del Sé, mostra/performance di Francesca Cesaroni a cura di Achille Bonito Oliva, ha come fondamenta la ricerca sull’Uomo in generale, sul suo vissuto profondo, sull’esperienza di sé e della complessità del mondo esterno.

La prospettiva è quella di una visione interna dell’esperienza umana, come procedendo in discesa in un percorso iniziatico, attraversando letteralmente l’oscurità del mondo psichico individuale, ed incontrando una sequenza di immagini che ne tratteggiano le fisionomie interne, le ossessioni, le fragilità, le miserie, le attese. Ognuna chiusa nel proprio destino psicologico, ma offerta allo sguardo dello spettatore, svelata, privata del proprio sistema difensivo, delle sovrastrutture che celano le realtà interne di ognuno.

In questo senso nel ciclo di opere, che ha come linea guida l’identificazione di stati mentali complessi, si mette a nudo l’uomo anche letteralmente, rivelando la sua intimità sempre attraverso l’esposizione integrale del suo corpo nudo, espressione di verità ed innocenza della propria natura ultima, della propria nudità psicologica.

Il corpo esposto diventa veicolo di contenuti strutturali della mente, nelle collocazioni visionarie delle immagini, testimoni di nature narcisistiche, di ossessioni sensuali, di fantasmi masochistici, di spazi depressivi, di trappole materiche, di ambienti claustrofobici, di fughe senza fine.

Il titolo della mostra, Architetture del Sé, evoca edifici mentali perché il Sé è struttura portante della persona e diventa argomento relazionale profondo, con le sue conseguenze. Le immagini seguono un itinerario sommerso, fatto di impalcature sistemiche disfunzionali, di schemi costitutivi del Sé inabitabili.

L’estetica delle immagini è costruita su una forte tridimensionalità, dovuta al lavoro potente della luce, e su una cruda componente materica: la fusione di questi caratteri offre una sintesi rilevante fra l’antico e il contemporaneo.

La performance è preludio alla visione delle immagini ed è coerente con esse, mostrando un tableau vivant, una figura viva che identifica una dimensione esistenziale struggente in un disseccato equilibrio fra inizio e fine, all’interno di un processo idealmente mobile, liquido, chiamato vita.

Il buio protratto nell’imponente musica di J. S. Bach, con il suo miracoloso equilibrio, costruito all’interno di una complessità armonica straordinaria, offrono una collocazione percettiva di speranza, oltreché una spinta iniziatica ad entrare in un clima di difficile accesso, nelle segrete dell’esperienza dell’Uomo in generale.

Performer Igor Petrotto.

TESTO CRITICO DI ACHILLE BONITO OLIVA

La fotografia in generale è uno strappo nella realtà,  è una sezione,  è un taglio, forse anche una mutilazione: invece Francesca Cesaroni la utilizza come forma temporale, come svelamento, come sospetto di una soglia, dove il corpo sta  apparendo…oppure si sta  dissolvendo.

Dunque il tema della soglia è molto importante nell’ opera della Cesaroni e la soglia significa il passo, il movimento, dunque il tempo. 

Mentre generalmente la fotografia serve a congelare il tempo nello spazio,  a bloccare un’immagine in una cornice che corrisponde allo sguardo, in questo caso ecco che la cornice si scompone, scompare, si dissolve e  prevale il tempo, quello della soglia, dell’ambiguità, dell’ambivalenza, dove il corpo appare come epifania, ma può anche in qualche modo indietreggiare ed essere assorbito dal buco nero, dalla superficie fotografica.

Il corpo può viaggiare in varie direzioni, ecco che lo sguardo della fotografa o del fotografo non è convenzionale, non sempre la fotografia vuole cogliere l’aspetto  tradizionale, gravitazionale del corpo. E’ interessante che qui la fotografia si fa strumento di un ribaltamento,  di una nuova direzione in cui il corpo non perde di pregnanza, di prestanza, di plasticità ma acquista come un siluro una sua direzione, sfonda con la testa verso un non luogo, un qualcosa forse che sta all’esterno, fuori dalla cornice, per questo la fotografia acquista questa sorta di condizione liquida, questa possibilità di assecondare il movimento e diciamo pure il desiderio del corpo.

Il corpo vola verso molteplici direzioni e vola anche nelle direzioni dell’iconografia che ha riferimenti con l’arte. E’ facile pensare al Caravaggio e nello stesso tempo, quello che è interessante, è come la fotografia può creare una nuova condizione dello spazio, non bloccata, ma acquisire quello che è la definizione di campo, cioè a dire quel luogo dove lo spazio è frutto di relazione del centro con la periferia. E quello che è bello di questa immagine è proprio l’occupazione di tutti i versanti, nello stesso tempo un’inversione di posizione del corpo, con la testa che precipita verso il basso o è assorbita dal nero dello sfondo e i piedi che svettano verso l’alto.

Naturalmente il corpo porta con sé anche una testa ed è interessante come in questo caso il ritratto non è frontale, non è tipico della pittura che celebra generalmente le virtù,la dignità sociale o perlomeno la frontalità di un ruolo. In questo caso supera anche la soglia della psicologia, acquista una concentrazione e nello stesso tempo un bagliore, un essere sotto il fuoco, sicuramente non tecnologico, non di una lampada, dà l’idea di una luce precaria

Ecco la luce diventa uno strumento di scoperta di oggetti e soggetti, elemento anche di composizione, con tagli che rasentano anche il cinema, tagli che conservano la capacità dell’immagine di mantenere un proprio riserbo, come un’ambiguità, una difficoltà di lettura volontaria, la capacità dunque della fotografia di assumere anche la natura morta, ma di farne ancora un mistero.

Il corpo può essere anche sezionato, non è quello della pittura tradizionale dove viene celebrato nella sua interezza, qui la mutilazione è al servizio della forma.

Un corpo che può essere anche custodito, messo – è il caso di dire – sotto plastica, insomma la fotografia in questo caso ha la capacità anche di tramutare il soggetto in un oggetto, un oggetto momentaneamente bloccato dallo sguardo dell’autrice ma che in qualche modo è sostenuto anche dal movimento dei materiali che lo rivestono e in fondo il materiale più consistente e duraturo è sempre quello della luce.

Quella luce che ci crea per esempio la comparsa improvvisa dell’uomo nudo che emerge – non certo come Venere – però rimane il fatto, da questa sorta di sarcofago – dato che stiamo sotto le volte di un palazzo antico – e quindi il corpo si mette in movimento proprio attraverso la luce, che emerge e scompare.

E allora l’itinerario trova un suo svolgimento in altre le sale, anche segrete, dove ancora una volta il corpo ha questa duttilità di lasciarsi mutilare dai tagli di luce e cercare anche una sua autonomia rispetto a quelli che sono i modelli della grande pittura, dicevamo prima Caravaggio  e dove è possibile capire come, nell’arte, la luce produca un teatro visivo delle forme.

Però il movimento è sempre un elemento presente nel lavoro di Francesca Cesaroni, c’è sempre una torsione del corpo, c’è sempre un movimento, c’è sempre l’attesa di un gesto o progressivo, o precedente, o il sospetto di uno successivo.

Fino ad arrivare a quello che è alla fine il tema di fondo dell’opera, il rapporto dell’autrice col suo corpo, un desiderio di smaterializzazione, una tensione verso un’inconsapevole anoressia della forma, quindi il corpo celebrato, il corpo che sotto l’icona di Narciso rispecchia sè stesso, solo che in questo caso non c’è l’acqua, quella fonte liquida che raddoppia il corpo, ma c’è il vuoto, quindi come il precipizio, il doppio, il narcisismo che viene celebrato ma anche in qualche modo custodito, delle forme dell’arte.

English version

Photography is, in general, a tear in reality, a section, a cut, perhaps even amutilation. Instead, Francesca Cesaroni uses it as a shape of time, anunveiling, a suspicion of a threshold, where the body is probably appearing…or dissolving.

The theme of the threshold is very important in Cesaroni’s works and thethreshold means a step, a movement, and thus time. While photographygenerally freezes time in space, locking an image in a frame set by thephotographer’s eye, in this case the frame comes apart, disappears, and timeprevails, together with the threshold’s, ambiguity and ambivalence, where thebody appears as an epiphany, but may also pull back in some way and beabsorbed by the black hole of the photographic surface.

The body may travel in various directions, thus the eyes of the photographerare not conventional, photography does not always wish to capture thetraditional, gravitational aspects of the body. Here, photography becomes atool of overturning, of a new direction in which the body does not lose inpresence, signifcance, plasticity, rather gains its own direction like a torpedo,breaking a non-place with its head, something that is outside of the frame.Photography takes on this sort of liquid state and the possibility to followmovement and the body’s desires.

The body fies in multiple directions, and it fies towards iconography,perhaps in reference to art. Caravaggio easily comes to mind, and at thesame time it is interesting to see that photography can create a newcondition of space, not locked but becoming the defnition of feld, that placewhere space is the result of relations between the center and periphery. Andwhat is beautiful in this image is the occupation of all fronts, and at the sametime an inversion of the body’s position, with the head that plunges towardsthe bottom or is absorbed by the black of the background, while the feet risetowards the top.

Naturally, the body has a head as well, and it is interesting to see how in thiscase the portrait is not frontal, it is not typical of painting that usuallycelebrates the virtues, social dignity, or at least the frontal role. In this case itovercomes the psychological threshold and gains a concentration and glow,being under a fre, non-technological, not a lamp, it gives the idea of aprecarious light.

Light becomes a tool to discover objects and subjects, element ofcomposition, with cuts that border on cinema, cuts that give the image theability to have its own discretion, like an ambiguity, purposely difcult to read.Photography has the ability to take on still life, but making it mysterious.

The body may also be sectioned, unlike traditional painting where it iscelebrated in its wholeness. Here, mutilation serves the shape.

A body may also be guarded, put under plastic. In this case photography canmake a subject into an object, momentarily locked in the author’s eyes, butalso sustained by the movement of the materials it is covered in. The mostconsistent and lasting material of all is always light.

That light that may create the sudden appearance of a naked man that rises— surely not like Venus — from this sort of sarcophagus, seeing as we are inan ancient palace, and the body is put in movement through light, thatappears and disappears.

Then the itinerary fnds space in rooms, secret rooms, where once again thebody allows cuts and lighting to mutilate it and it becomes autonomous,compared to the grand paintings, like Caravaggio, where we may see thatlight produces a visible theatre for shapes.

The element of movement is always present in Francesca Cesaroni’s works,there is always a torsion of the body, a movement, hinting to a gesture, be itfuture or past.

Then we reach the main theme of these works, the relationship of the authorwith her body, a desire for dematerialization, a tension towards anunconscious anorexia of shape. The body is thus celebrated, a body that, likethe icon of Narcissus, refects itself, but in this case without water, withoutthe liquid source that doubles the body. There is emptiness, like a precipice,doubled, narcissism that is celebrated but also guarded by the shapes of art.

Architetture del sè

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